Escol tornò dalla missione ferito più nello spirito che nel corpo. Il capitano Krispin era morto, sotto la miniera dei nani aveva scoperto la fonte del potere oscuro di Arios, il primogenito di Eledras, un altro grande mago elfico, era stato trasformato in una marionetta decomposta e adesso lui si sentiva più inadeguato che mai. Certo, avevano salvato più di un centinaio di nani innocenti dalla schiavitù e probabilmente da una morte orribile, ma non gli sembrava comunque di aver fatto abbastanza. L’albero sacro degli elfi, che ivi avevano trovato, era stato corrotto in maniera blasfema ed irreparabile dal soffio oscuro dell’imperatore. Tutto quel male, quell’oscurità, doveva pur alimentarsi in qualche modo, ed era più che probabile che i nani venivano portati laggiù non per l’oro o i cristalli, ma per nutrire quel perverso e silenzioso potere maligno. Ecco perché spesso non tornavano più dalle loro famiglie. Una polla d’infinita, nefanda magia da cui attingere, che Arios stava difendendo con un’intera legione schierata, che lui aveva scoperto per caso e che avrebbe reso da adesso in poi l’imperatore ancor più circospetto e spietato di prima. Immerso in questi angosciosi pensieri, il figlio del Duca camminava affranto per la cittadella, cercando di trovare l’illuminazione per sbloccare la situazione e preparare il prossimo passo da fare. Non era facile: l’imperatore aveva dimostrato ancora una volta di stare sempre un passo davanti a lui. Aveva in custodia suo padre, il Duca, e l’aveva sfidato a recarsi lì da lui per salvargli la vita e il giovane guerriero aveva quasi deciso in cuor suo di accettare l’offerta. Poi però gli aveva parlato di Hilda e del figlio che portava in grembo. Suo figlio! A quel punto le cose erano drasticamente cambiate. Ma come era potuto succedere? Lui era certo di non aver ceduto ai vizi della carne, rammentando bene che il suo cuore, la sua anima, apparteneva e sarebbe per sempre appartenuta ad Enwel. Il suo unico amore. Eppure Arios questo gli aveva detto e per quanto potesse sempre trattarsi di una banale trappola, sembrava troppo assurda, troppo scontata, per non vestire i panni della pura verità. A quel punto Escol aveva preso tempo. Se davvero c’era il suo erede di mezzo, allora questa nuova speranza non poteva essere ignorata e questa opportunità vanificata solo per questioni personali. Anche se si trattava di suo padre! Secondo ciò che sosteneva l’imperatore, Hilda, protetta da un elementale del fuoco maggiore, era stata da lui catturata, ma poi esiliata in una prigione inespugnabile, poiché nemmeno Arios poteva nulla contro uno spirito del fuoco di tale possanza. Ecco dunque da dove doveva iniziare. Quale sarebbe dovuta essere la sua prossima mossa: riunire un piccolo gruppo di eroi (o di pazzi) per provare a trovare Hilda e liberarla dalle grinfie di Arios e della sua prigione nascosta. Pregava solo che quel mostro non uccidesse suo padre prima che avesse portato a termine questo compito. Escol si fermò. Poi si morse un labbro, come in preda ad altri mille dubbi logoranti. Si guardò un attimo a destra e a sinistra e poi si diresse alla scuola di magia. Trovare Wizimir non fu difficile. Un discepolo lo fece accomodare all’interno di una specie di piccola biblioteca adiacente alle “aule magne” e poi gli disse di attendere l’arrivo del maestro. In effetti Wizimir arrivò poco dopo e abbracciò l’amico con il consueto calore, complimentandosi con lui per i recenti, ottimi risultati. Il mago pareva ancora piuttosto malmesso: si reggeva a stento in piedi e solo con l’aiuto di un bastone, ma affermò con sicurezza di sentirsi molto meglio. Aggiunse che Liss, la sua figlioccia, si stava comportando egregiamente, dimostrandosi molto portata per la magia. Escol lo ringraziò con grande fervore, poi arrivò subito al punto, parlandogli di Hilda, della sua gravidanza e della sua ferma volontà di salvarla. Tuttavia gli confidò, quasi bisbigliando, che era sua intenzione anche provare a ritrovare la spada forgiata dai Wraith, agli albori della storia umana, quella famosa “lama oscura” in grado di uccidere persino i Paradine. Wizimir lo guardò con curiosità: conosceva la volontà di Escol di non affrontare mai più Arios in un combattimento diretto, ma ci mise poco a collegare la spada dei Wraith con il tesoro che Hilda portava in grembo. Ghignò e poi gli riportò ciò che sapeva, quei pochi brandelli di informazione che l’Asur, suo maestro, gli aveva raccontato a riguardo tempo prima. Niente che il figlio del Duca più o meno non sapesse già, ma la cosa che stupì non poco il figlio del Duca, fu che il mago si offrì anche di accompagnarlo nel viaggio che l’avrebbe condotto a svolgere il salvataggio della madre di suo figlio e l’eventuale recupero della perduta lama. Prima però dovevano capire dove la mezzelfa si trovasse. Decise dunque di andare con lui dal “Fondatore”: l’unico che poteva forse saperlo. I due camminarono per una buona mezz’ora, vista la scarsa mobilità del mago, che confidò per la prima volta all’amico che la sua pelle scura e i suoi occhi rossastri non erano tratti genetici casuali, perché egli era un Asur per metà. Escol accolse quella notizia senza battere ciglio. Sapeva che gli Asura erano crudeli e spietati, ma conosceva perfettamente la loro propensione alla lealtà e a rispettare i patti. Per questo, in un modo assai contorto e perverso, era riuscito a capirsi con Atreus e a rispettarlo come alleato. Si limitò a sorridergli. Rivedere Enwel, anche se solo come suo involucro di carne, era sempre traumatico per Escol. Balbettando, il giovane guerriero riuscì comunque a chiederle di poter conferire con il “Fondatore”. L’anziano uomo aprì gli occhi a stento. Solo, sdraiato sul suo letto sopraelevato, avvolto in coperte candide e sottili, sembrava più simile ad una statua di cera. Tuttavia alla fine si svegliò e, toccando appena la mano di Escol, si connesse con lui, facendogli dono di diverse rivelazioni. Intanto che era vero: egli aveva davvero un erede, ed Hilda era colei che lo portava in grembo! Un piccolo incantesimo aveva cancellato dalla mente del giovane guerriero questo ricordo, ma ora, anch’egli rammentava molto bene quella notte di passione. Sbirciando Enwel di sottecchi, se ne vergognò profondamente, anche se lei era rimasta immobile, come fosse una bambola di pezza, priva di volontà. Il “Fondatore” sorrise. Sia per la situazione divenuta improvvisamente molto imbarazzante per il giovane Berge, sia per la notizia che portava una nuova speranza su Eord. L’ultimo erede dei Mohdi sarebbe presto nato e questo semplice fatto rappresentava comunque una grande cosa per chi continuava a resistere ad Arios! Escol aveva inizialmente pensato ad una trovata di Hilda, sempre pronta a sedurlo durante i loro lunghi viaggi, ma Wizimir non ne era così sicuro. Forse c’era lo zampino del suo maestro anche in questo “concepimento”. Già in precedenza l’Asur gli aveva parlato di “pubbliche relazioni”, quando aveva deciso di spingerlo sul piano elementale. Quando lo aveva invitato ad accettare che uno “spirito del fuoco maggiore” entrasse dentro la maga mezzelfa. Gli Asura e gli Elementali del Fuoco avevano avuto in passato spesso rapporti intimi e connessi tra di loro. Forse che quello che si stava profilando davanti a loro era il famoso “piano b”, di cui Atreus aveva parlato ad Escol molti mesi prima? Inoltre il “Fondatore” indicò al figlio del Duca anche la zona in cui molto probabilmente si trovava prigioniera Hilda: l’area a sud del territorio Asura, nell’estremo est. Questa invece  non era affatto una buona notizia. Quel territorio infatti era il più pericoloso su tutta Eord! Un popolo sconosciuto e terrificante lo abitava: erano chiamati “i cacciatori” e perfino gli Asur, più a Nord, se ne tenevano ben lontani, visto che erano le loro vittime preferite. Aveva senso: Arios non poteva sconfiggere un elementale del fuoco, quindi aveva scagliato Hilda nel territorio più inespugnabile e terrificante di tutto il pianeta. Agendo in questo modo, la sua era più che una speranza di non rivederla mai più: era quasi una certezza! Escol sospirò, per nulla intimorito. Si voltò verso Wizimir e iniziò a parlare con lui su ciò che sarebbe servito per riuscire in quell’impresa. Tuttavia il “Fondatore” non aveva ancora finito. Egli aggiunse che la sua era solo una semplice deduzione logica. Che non era Hilda che aveva “visto” o “percepito” in quella landa sconosciuta e pericolosa. Egli però “aveva sentito” con estrema chiarezza che laggiù c’era invece un elementale del fuoco! Ne “annusava” il potere immenso anche a quella distanza. Era assai difficile che potesse trattarsi di qualcos’altro rispetto a ciò che teneva in vita la mezzelfa e il suo bambino, ma ritenne che Escol dovesse comunque conoscere questo dettaglio. Riguardo la spada forgiata dai Wraith, scosse la testa, asserendo che solo una Vanyr, un antico nemico dei Wraith, nel lontano territorio dei Valoarian, poteva forse sapere dove queste creature d’ombra, progenitori degli Asura, potessero trovarsi e tenere nascosta un’arma simile. Escol abbassò il capo un pò deluso. Poi lo rialzò fieramente, deciso a fare le cose una alla volta. Ringraziò il “Fondatore”, che tornò al suo sonno e poi si recò dal signore della cittadella a presentargli le sue richieste. Volker lo accolse subito e lo ascoltò con attenzione. Sostanzialmente Escol richiese un’armatura incantata, per proteggerlo durante il periglioso viaggio che a breve si sarebbe accinto a fare e una risorsa che potesse sostituire il capitano Krispin nella sua compagnia. Magari un chierico che potesse curare le loro ferite. Volker storse un po' la bocca, non perché non volesse aiutarlo, ma perché non aveva molti chierici esperti a disposizione e una scelta sbagliata poteva compromettere la sua missione. Il figlio del Duca sorrise e lo rassicurò: era più che convinto che egli avrebbe scelto con saggezza e che quella scelta si sarebbe rivelata fondamentale per la sopravvivenza della nascente, nuova compagnia. Stee Jans, il mezzelfo maestro d’armi, l’avrebbe seguito fino in capo al mondo e Slanter, lo scout nano, sarebbe stata un’ottima guida fino ai confini del regno Asura. Dopo il chierico, restava solo da scegliere il mago. Wizimir come già detto si offrì di aiutarlo, ma Escol scosse la testa. Egli aveva adesso delle responsabilità pesanti nella cittadella e la sua magia era fondamentale per quella gente. Inoltre la sua andatura traballante avrebbe arrecato problemi alla compagnia e a lui stesso. Wizimir annuì, sussurrando che però aveva in mente un nome da suggerirgli per poterlo sostituire egregiamente. Escol lo ascoltava con attenzione. Gli parlò di una giovane Asur molto promettente, anche lei allieva di Atreus. Aggiunse che l’avrebbe vincolata ad un giuramento di fedeltà a lui, fino alla fine della missione. Non sarebbe stato difficile convincerla, visto che il loro maestro comune avrebbe di certo voluto la stessa cosa. Escol alzò un sopracciglio, un po preoccupato, ma Wizimir lo rassicurò una seconda volta su questo punto. Quando poi il vecchio Alden entrò nella stanza, introdotto dal capitano Volker, Escol non riuscì a credere ai suoi occhi! Allora anche lui ce l’aveva fatta a sopravvivere a quel giorno maledetto! Il chierico che l'aveva accompagnato nella missione suicida alla cittadella dell’imperatore era lì adesso, accanto a lui e lo stava abbracciando con calore! Alden era profondamente deturpato, sul viso e su tutto il braccio sinistro, ma non aveva perso affatto lo smalto dei giorni migliori. Tuttavia, per quanto felice di rivederlo, Escol decise di non accettare nemmeno il suo aiuto. Deluso, Alden fu costretto a non insistere oltre e ad allontanarsi con la morte nel cuore. Il figlio del Duca spiegò solo più tardi, al capitano e a Wizimir, il perché del suo comportamento forse un po troppo duro e freddo nei riguardi del vecchio chierico suo amico. Nessuno dei suoi vecchi amici, compresi Eofaulf ed Alarien, potevano accompagnarlo questa volta. Primo perché non poteva più accettare di veder morire i suoi compagni in una missione suicida per la seconda volta. Secondo perché non poteva rischiare di vivere un’altra situazione come quella con Andor! Il suo mentore l’aveva dapprima plagiato e poi tradito e quasi ogni cosa, a causa della fiducia che aveva riposto in lui, era andata perduta. Solo per miracolo una piccola fiamma di resistenza era sopravvissuta alla furia dell’imperatore maledetto. Poi coloro che erano sopravvissuti si erano divisi, ed ora erano passati mesi e nessuno sapeva cosa poteva essergli successo in tutto quel tempo. Arios era astuto e lui non avrebbe commesso due volte lo stesso errore. Era triste, difficile da accettare, ma così sarebbero andate le cose questa volta.